Se il 2022 si è rivelato un anno record per la ristorazione italiana, lo scenario per il 2023 si delinea in maniera differente, con evidenti criticità che passano dall’instabilità geopolitica all’incremento dei costi fino all’inflazione; l’impatto di questi fattori sul settore è stato inevitabile ma la fascia alta ha risentito meno del rallentamento generale. L’aumento del costo della vita, invece, ha avuto ripercussioni sui format più popolari.
Queste le evidenze emerse dall’analisi condotta da Pambianco sul settore.
Fine dining in controtendenza: la top 5
Nonostante gli scenari di rallentamento, il 2023 si attesta come un anno di spinta decisa per il fine dining, ovvero quella tendenza a vivere la ristorazione come esperienza più sofisticata, unica e costosa.
Al vertice della classifica si posiziona la galassia Langosteria, un fine dining che punta prevalentemente a piatti a base di crostacei, abbinati a vini importanti; questa realtà ha archiviato il 2022 a 28,2 milioni di ricavi, a fronte dei 19,4 milioni del 2019. Considerando i nuovi progetti messi a terra quest’anno, il volume di giro d’affari di tutto il gruppo, inclusi i ristoranti di Parigi e St Moritz (aperto nel 2023), dovrebbe salire ulteriormente con una previsione oltre quota 56 milioni.
Da Giacomo, fine dining basato su tradizionali piatti italiani a base di pesce abbinati a un’ottima carta dei vini, invece, forte di un 2022 con fatturato quasi triplicato che si è attestato sui 19,8 milioni contro i 7,7 milioni del 2019, spinge sull’internazionalizzazione per consolidarsi; Massimo Bottura, intanto, punta sui nuovi progetti che gonfiano le vele delle sue società, balzate dagli 11,3 milioni del pre-Covid a un solido 18,2 milioni del 2022.
Netto lo slancio anche per il Gruppo Alajmo: dopo un 2022 che ha visto un sorpasso sul pre-Covid, con il raggiungimento di un fatturato complessivo di 16 milioni, la proiezione per l’esercizio in corso va verso i 20 milioni. L’azienda ha visto negli ultimi anni una profonda riorganizzazione, investimenti sul digitale – dal crm al nuovo sito con la piattaforma e-commerce – e il rilancio della Alajmo Academy per la formazione personale.
Chiudono la top 5, infine, i fratelli Cerea, nel cui portafoglio la ristorazione pesa ‘solo’ il 35% dei ricavi: pur crescendo da 8,4 a 14,3 milioni, infatti, il fatturato post-pandemia del segmento ristorazione è comunque una quota più piccola rispetto ai volumi che il gruppo sviluppa tra eventi e catering.
Ristorazione “popolare”: la top 5
A differenza della ristorazione selettiva, fattori interni e incertezze internazionali hanno avuto un’influenza diretta sul mondo dei format più popolari, creando un momento piuttosto complesso per il comparto.
Il fuori-casa ha vissuto nel 2022 una rapida risalita dopo il lockdown, spingendo i ricavi dei top player a sfiorare il pareggio sul dato 2019 (1.262 milioni contro i 1.273 pre-pandemia per i top 5), pur con marginalità meno solide. Quest’anno, però, i budget potrebbero esser penalizzati soprattutto dall’inflazione.
A guidare la classifica, il Gruppo Cremonini che guarda positivamente il primo semestre 2023 con ricavi in crescita rispetto allo stesso periodo del 2022. L’anno scorso la divisione ristorazione del gruppo aveva recuperato le performance del 2019, riportando su livelli soddisfacenti i ricavi.
Nella top cinque del segmento, Cigierre, nel 2022 ha sfiorato il dato 2019 (386 milioni di ricavi in ristorazione rispetto ai 388 pre-pandemia) e a fine anno pronosticava un 2023 in crescita, tanto da annunciare una previsione di 550 milioni di consolidato di gruppo, ma la seconda parte dell’anno potrebbe indurre alla prudenza.
My Chef Ristorazione ha recuperato meno, chiudendo il 2022 a 143 milioni (26 in meno del 2019), facendosi quasi raggiungere da La Piadineria, che sembra il player più in crescita. Il gruppo, infatti, ha chiuso il 2022 a 139 milioni di fatturato consolidato, superando i 98 milioni del 2019 (pur con ebitda sceso dal 31% al 22%), e quest’anno sembra tenere un buon passo.
In quinta posizione, infine, troviamo Vera Ristorazione: dopo aver archiviato il 2019 con 74 milioni di fatturato, il recupero è stato lento e complesso, tanto che nel 2022 ha chiuso a 58 milioni e riportato la marginalità in attivo, ma con ebitda passato dal 10 al 4%.
Per tutte queste realtà un importante aiuto arriva indiscutibilmente dai surgelati, preziosi alleati del save cost, perché l’uso dei surgelati in cucina riduce gli sprechi, oltre che del save time. Due esempi su tutti di grande utilità: il riso precotto surgelato e le verdure grigliate, alleati perfetti per ogni ristorante.